Ogni sabato mi preparavo per uscire con te.

Ed ecco, come per magia, l’atmosfera del sabato, facente parte ovviamente dell’atmosfera del week-end!

Il venerdì iniziava il turbinio dell’aspettative, il friccichio dell’anima, quei sentimenti da “Sabato nel Villaggio” (Giacomo Leopardi,1829). Leggetela o ascoltatela, letta da Arnoldo Foà.

La donzelletta vien dalla campagna

In questo canto Leopardi ci mostra attesa del giorno festivo che si respirava la sera del prcedente allo stesso. La ragazza che si prepara, la vecchiettà che ricorda la sua giovinezza, i bottegai che cercando di finire il lavoro per riposarsi il giorno dopo.

Ci mostra però come la felictà sia più nell’attesa, nella preparazione, più che nella festa vera e propria…eh già, ma andiamo avanti.

Il mio sabato nel villaggio cominciava dal venerdì sera, lavatrice, capelli, piastra, tutto o quasi doveva essere pronto per il giorno dopo, quando, tra un messaggio e un paio di “no” potevo “vincere” il mio appuntamento.

A volte queste aspettative venivano premiate e si viveva il magico sabato di attesa vera, era bello andare a prendere il vino e recarsi da lui, era bello programmare gli appuntamenti e mangiare con lui i suoi risotti in bustina, sempre accompagnati da buon vino e buona musica.

Ma la maggior parte delle volte non era così. Il mio “Sabato nel Villaggio” si trasformava in “La sera del dì di festa” (Giacomo Leopardi, 1820) Anche questa da leggere o ascoltare.

Dolce e chiara è la notte e senza vento

Ero pronta, tutto super sistemato, tutto perfetto! E tutto fermo lì. Immobile. Nella mia stanza, qualcuno mi chiamava per uscire, ma io rimanevo lì, chiusa, ad aspettare. A cercare di non prendere impegni e a struggermi, sapendo che non lo avrei visto. Sapendo che stavo buttando via il mio tempo.

È come quando da piccola al paese sentivo la musica in lontananza della serata danzante iniziata e mi sbrigavo per andare. Ma più che a quelle sere in cui correvo ed arrivavo alla festa, mi sentivo di più come quella volta che sentivo la musica, ma non sono potuta andare, perché stavo male.

È stato tutto così con lui, l’orchestra che suona in piazza, le persone che ballano e noi che non siamo mai andati.

A volte quel sentimento torna ancora e il sabato diventa un simulacro del mio dolore. Una prigione della mia anima e dei miei pensieri.

«[…] A te la speme
nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto»

E questo fa esattamente il narcisista, si comporta come un sabato nel villaggio per poi rivelarsi una sera del dì di festa.

Sottili aspettative, lievi e impercettibili manipolazioni!

Quindi direi, orniamo il crine e il petto e come raccontava la vecchiarella, andiamo a danzare tra quei compagni dell’età più bella…che in un baleno passa! Quelli che ovviamente vogliono venire alla festa con noi eh!

Foto di Free-Photos da Pixabay